Votes taken by Ember Murphy

  1. .
    Risposto!
  2. .
    **
    Dovreste vedere i miei occhioni
  3. .
    A me sembrano perfetti :D
  4. .
    FInora mi sta piacendo, sembra molto carino *^* Poi l'ambiente scozzese mi incuriosisce, tutte quelle immagini mi hanno fatto pensare a un vero e proprio diario di viaggio
  5. .
    Grazie ragazze <3 Sto lavorando al ritratot di uno dei miei attori preferiti, matt Damon, spero che esca un minimo decente XD
  6. .
    Magari, c'è gente che fa molto di melgio :') SOno iscritta a certi gruppi su Facebook di disegnatori e a vedere certi disegni mi cascano le braccia per la bassa autostima
  7. .
    Qui di seguito alcuni dei miei disegni più recenti. Li raccolgo in una pagina specifica così anche da venderli


    Batgirl
    Matite colorate su F4

    Harley Quinn e Poison Ivy
    Matita nera su f4

    Stitch (processo di lavorazione)
    Matite colorate su f4

    Harley Quinn in Lingerie
    matite colorate su f4

    Elsa Fire version
    matite colorate su f4 (con cornice)

    Amore e psiche
    matita nera su f4

    Shadow of a woman
    matita bianca su foglio nero
  8. .
    AH, ho visto soo ora, mi spiace :c Appena possibile mi metto subito a lavorarci sopra ^^
  9. .
    Fantascientifico, Horror e Capolavori.

    Ma quindi Spionaggio no? 😞
  10. .
    Ho creto queste due cosette, spero che vi piacciano. Ovviamente non sono le uniche e ultime :P


    Questo è un set avatar + sign, per chi piace può metterlo in firma e una delle due immagini come avatar, a seconda delle d dimensioni che preferisce

    oTs0SJC

    6lV7rAs ijiy2t0

    SET AVATAR+SIGN BY HAZEL PORTFOLIO
    DISTRIBUITO DA IL REGNO DEI LIBRI


    CODICE
    [CENTER]<span style="font-family: arial; font-size: 6pt; color: #999">[URL=http://hazelportfolio.forumfree.it/]SET AVATAR+SIGN BY HAZEL PORTFOLIO[/URL]
    [URL=http://ilregnolibri.forumfree.it/]DISTRIBUITO DA IL REGNO DEI LIBRI[/URL]</span></div>[/CENTER]


    Questo invece è meno personale, ma basta inserire il link con l'h ref. Ovviamente è a tema Alice in Wonderland, per chi apprezza la novella.

    Aaq6Wu5
    HMmedgz v09CPFT

    SET AVATAR+SIGN BY HAZEL PORTFOLIO
    DISTRIBUITO DA IL REGNO DEI LIBRI


    CODICE
    [CENTER]<span style="font-family: arial; font-size: 6pt; color: #999">[URL=http://hazelportfolio.forumfree.it/]SET AVATAR+SIGN BY HAZEL PORTFOLIO[/URL]
    [URL=http://ilregnolibri.forumfree.it/]DISTRIBUITO DA IL REGNO DEI LIBRI[/URL]</span></div>[/CENTER]
  11. .
    Non potete immaginare il sorrisone che mi è uscito fuori a leggere i vostri commenti *^* Grazie mille :wub:
  12. .

    Capitolo II
    Who am I?



    Le palpebre si rialzarono, sbattendo lievemente un paio di volte esattamente come era accaduto poco prima. Ma era davvero poco prima? La ragazza era svenuta, non poteva sapere con esattezza quanto era passato. Qualche minuto? Ore? Giorni? Era girata sul proprio fianco sinistro e vedeva sagome ancora sfocate di macchinari bianchi e una figura umana.
    «Si è svegliata.» sentì sussurrare, da una voce maschile. Anche se effettivamente non seppe dire se quello fu davvero un sussurro di qualcuno oppure solo la sua immaginazione. Si passò la lingua tra le labbra, sentendo ancora la gola secca, ma non come prima fortunatamente. Abbassò le palpebre, tenendo gli occhi socchiusi, quindi cercò di girarmi per posizionarsi supina sul letto. Sentì delle mani accompagnarla nel movimento, poggiandosi delicatamente sulle sue spalle fino a che non riuscì a sisytemarsi come desiderava. Aprì lentamente gli occhi e osservò il viso che si trovava di fronte a sé, contro il fondo bianco del soffitto. Ne studiò con dovizia i tratti del viso, notando degli zigomi alti non troppo pronunciati, una barbetta corta e compatta distribuita per le guance e dei capelli non troppo corti, ondulati, di un nero intenso. Nell’insieme, era un volto molto gradevole, bello, dai tratti non troppo duri che rendeva l’effetto finale quasi confortante da vedere. Forse era anche per la calma che sembrava regnare persistente su quel volto. Poi gli occhi azzurri di lei si posarono su quelli di lui. Grigi. Come l’uomo alla fontana. Improvvisamente la ragazza sentì un nodo alla gola.
    «Lei... lei è l’uomo... » incominciò a dire, cercando di alzare il busto per mettersi a sedere sul letto.
    « La prego signorina, non si alzi.» questa non era la voce dell’uomo, però, bensì quella di una donna. La ragazza girò il capo verso la propria destra e osservò la dottoressa lì accanto: era alta, bionda, con una pelle bianca quasi quanto il camice che indossava e un paio di occhi azzurri tendenti al grigio che avrebbero fatto invidia a molte persone. Alla paziente sembrò quasi che la donna si fosse teletrasportata lì in quel momento, si era concentrata talmente sull’uomo della fontana da non notare lei. « Dovrebbe essersi ripresa, ma per sicurezza sarebbe meglio che non faccia movimenti bruschi. » disse ancora una volta la dottoressa, poggiandole una mano sulla spalla e spingendo delicatamente per farle segno di sdraiarsi nuovamente. La ragazza eseguì, ma nel mentre continuò a spostare lo sguardo intorno per capire cosa stava succedendo. Si trovava in una camera d’ospedale, questo era certo. C’erano altri tre letti oltre quello dove era sdraiata lei, tutti vuoti e con alcuni macchinari attorno. Alla vista di quegli aggeggi, automaticamente la ragazza si guardò alla propria destra, dove vide quello che sembrava un televisore sistemato nel muro e collegato a lei attraverso delle ventose per monitorare i suoi parametri vitali. Oltre questo, c’era anche un’asta porta flebo collegata col suo braccio destro.
    «A cosa serve quello? » chiese la ragazza corrugando appena la fronte.
    «Serve per correggere la sua disidratazione. A quanto pare ha assunto poca acqua ultimamente; fortunatamente non si tratta di qualcosa di troppo grave. Menomale che c’era il magnifico Daneel a soccorrerla.» disse la dottoressa lanciando un sorriso a trentadue denti all’uomo. Quello rispose solo con un minuscolo accennò un sorriso, quindi puntò lo sguardo su di lei quando notò che la stava nuovamente osservando.
    «Lei è un medico? » chiese la donna.
    «No, uno psicologo. Mi appoggio all’ospedale per fare delle visite.» Spiegò calmo. La ragazza si umettò le labbra, osservandosi attorno. Era così strano. Si era svegliata dentro quella capsula e ora si ritrovava in quell’ospedale situato chissà dove.
    «Dove ci troviamo? » chiese a un tratto.
    «All’Ula’ree General Hospital. » rispose lui. Lei corrugò la fronte. Perché il nome Ula’ree le era familiare?
    «Siamo su Hulara.»
    «Esatto.» Hulara è il 12esimo pianeta in ordine cronologico colonizzato dalla razza umana, quindi l’ultimo. Nonostante la giovane età, è uno dei più ricchi pianeti grazie al turismo, nonché il più ostile, infatti le poche città presenti erano racchiuse dentro grandi cupole che simulavano la luce del sole e il buio della notte, regolarizzavano automaticamente la temperatura e fornivano l’ossigeno, quasi completamente assente all’esterno a causa di un’atmosfera consistente in gran parte in anidride carbonica e una certa percentuale di azoto. Queste informazioni riempirono la testa della ragazza tutt’a un tratto, come se la sua testa stesse scaricando velocemente centinaia di dadi.
    «Cosa c’è?» chiese la dottoressa. La ragazza aveva lo sguardo fisso davanti a sé e si era portata la mano destra alla fronte mentre gli occhi vuoti scrutavano il nulla davanti a sé.
    «Ho un po’ di mal di testa.» tagliò corto lei, deglutendo silenziosamente e abbassando la mano con un respiro profondo.
    «Miss, può spiegarci per favore perché è uscita fuori da un edificio abbandonato ed è andata a bere da una fontana?» chiese Daneel. La ragazza posò lo sguardo su di lui, stringendosi nelle spalle. «Inoltre la dottoressa Palvin non le ha trovato documenti addosso per riconoscerla.» Ora spostò nuovamente lo sguardo sul medico alla sua destra, la bionda che a quanto pare faceva di cognome Palvin. Ma non la stava realmente osservando; la mente vagava, aveva accantonato da una parte i dati recuperati su Hulara e stava cercando una risposta a quella domanda: Perché non aveva documenti addosso? Come se poi fosse normale per una ragazza svegliatasi in una capsula. Deglutì nuovamente il nodo che le si era creato in gola. Daneel l’aveva di sicuro vista uscire dall’edificio abbandonato di fronte alla fontana, anche se lei ovviamente non si ricordava di averlo visto lì vicino. Sentì come se la testa ronzasse, come se dal minimo pensiero potessero scaturirne molti altri pronte a disturbarla. Strinse gli occhi con forza, facendo scivolare le dita della mano destra sul capo, tra i capelli.
    «Io... non lo so.» mormorò a voce appena udibile. I due presenti nella stanza oltre lei si scambiarono un’occhiata. «Non so niente se non che mi sono svegliata in una capsula e per quanto mi ricordo io è da lì che è iniziata la mia vita. »

    ***


    «Si sente comoda Miss? » chiese Daneel, tenendole con gentilezza la mano per accompagnare la ragazza durante il suo sedersi sopra un piccolo divanetto grigio scuro. Sembrava scomodo a prima vista, ma quando la ragazza ci si sedette, si sentì quasi sprofondare tra i morbidi cuscini. Si trovava nello studio di Daneel, una stanza con scrivania, due piccoli sofà, un tappeto blu e una televisione olografica incassata nel muro; tutto lì dentro era blu o grigio, esclusi noi due, e spartano, come se all’uomo non interessasse minimamente l’aspetto piuttosto anonimo dello studio. D’altronde c’era da pensare che forse in quel momento era la ragazza a rappresentare la cosa più interessante per lo psicologo che l’aveva invitata in fretta a recarsi con lei al suo studio al piano superiore.
    «Sì. Posso chiederle però di darci del tu? Non mi piace usare troppo il Lei. »
    «Certo, nessun problema, mi chiami pure Daneel se la fa sentire più a suo agio.» Restò un attimo in silenzio. « In questo caso però io non ho un nome con cui appellarla. »
    «Immagino di sì. » commentò lei, incurvando leggermente le spalle per poi infilare le mani legate tra loro in mezzo alle gambe, poco sotto le ginocchia.
    «Ti spiace se mi rivolgo a te col nome di Tessa?» la ragazza esitò un attimo, guardando lo psicologo seduto davanti a lei su un divanetto identico a quello dove lei stessa sedeva in quel momento. «Non ti piace?»
    «No, no, non mi fraintendere, mi piace. E’ solo che...» perché le era così difficile esprimersi? Sembrava una straniera insicura delle proprie capacità linguistiche al primo viaggio all’estero. «L’hai detto in maniera molto sicura, senza nemmeno pensarci un po’.»
    « Mi sono basato sul suo tatuaggio, ho fatto immediatamente un collegamento. Ho pensato che il nome ti sarebbe piaciuto.» Gli occhi blu si puntarono su quelli di Daneel esterrefatti.
    «Quale tatuaggio?» l’uomo dai capelli neri indicò con un cenno del capo non troppo accentuato il braccio destro di lei. La ragazza stese l’arto indicato e arrotolò fino alla spalla la lunga manica della tunica bianca fornita dall’ospedale, un abito candido di un unico pezzo per le donne e con la gonna lunga fino alle caviglie. A quanto sembrava, era nuova di zecca, forse una nuova fornitura dell’ospedale. Gli occhi della ragazza esaminarono con cura la propria pelle finché non girò il braccio per rivolgere il palmo verso l’alto; fu in quel momento che vide una scritta nera con un carattere molto semplice senza fronzoli o decorazioni.

    TSS7364



    «Ma questa è il codice identificativo di un robot.» le parole le uscirono automaticamente dalle labbra, senza nemmeno pensarci. Ogni robot, da quando l’uomo inventò il primo modello funzionale nel 2016, era dotato di un codice di identificazione creato apposta per distinguerne i modelli. I primi realizzati, i JMS824, vennero affettuosamente soprannominati dalla gente “James” e così fu lo steso per tutti i modelli che lo seguirono: i TDS6214 furono chiamati “Taddeus”, i DNL “Daniel” e così via. Allora perché lei aveva un codice del genere tatuato sul braccio se non era certamente un robot? Per un attimo le venne davvero un dubbio sulla sua effettiva umanità, ma subito scacciò il pensiero, dandosi dell’idiota: come poteva un robot essersi disidratato? E come potevano soprattutto fargli una flebo come a una persona qualsiasi? Inoltre la dottoressa Palvin e Daneel l’avrebbero capito ben prima di lei e gliel’avrebbero di sicuro detto.
    «Esatto. L’ho notato quando la dottoressa Palvin ti ha scoperto il braccio per inserire l’ago nella vena. E’ piuttosto particolare. » la voce di lui non presentava particolari sfumature, sembrava perennemente inespressivo e cortese, molto calmo. «Forse sei un’appassionata di robot e in quanto tale hai voluto marchiarti con qualcosa che simboleggiasse questa tua passione.» La donna annuì, piano, ora riportando la manica a coprire tutto il braccio. Avrebbe studiato più tardi quel tatuaggio. Più tardi quanto poi? Che ore erano?
    «Che ore sono?» chiese a un tratto.
    «Le sei del pomeriggio.» disse lui con sicurezza. La ragazza non riuscì a capire come diavolo poteva esserne così sicuro. Non aveva nemmeno guardato un orologio e la ragazza era certa che nella stanza non ci fossero orologi. Ma anche questo pensiero venne accantonato dalla sua mente.
    «Grazie. Comunque Tessa mi sta bene.»
    «Molto bene. Tessa, potresti per favore raccontarmi quindi cosa ricordi della tua vita finora?» la ragazza si passò la lingua tra le labbra, ancora assetata. Aveva quasi costretto la dottoressa a staccarla dalla flebo per non portarsi la sacca in giro sull’asta di alluminio, ma forse non era stata un’ottima idea. Da quanto le aveva detto, era ormai quasi completamente ripresa, ma aveva ancora la gola e la bocca secche, bisognose di acqua fresca. Improvvisamente Daneel si alzò e si avvicinò alla scrivania, premendo sul un tasto sotto lo schermo piatto del computer. «Jimmy, porta nel mio studio una bottiglietta d’acqua per cortesia.» ordinò in torno fermo ma cortese, prima di tornare a sedersi.
    «Non c’era bisogno di scomodarsi.»
    « Nessun disturbo, hai bisogno di liquidi.» Tessa fece un profondo respiro e si schiarì la voce. Sembrava quasi che stesse per fare chissà quale discorso lunghissimo e importante, invece stava semplicemente per raccontare poche cose, le uniche accadute finora.
    «Non c’è molto da dire. Mi sono svegliata in questa specie di capsula cilindrica e sono uscita una volta spaccato il vetro. Mi sono ritrovata in una stanza buia, illuminata solo da una finestra e con tante capsule come la mia.» si strinse nelle spalle al ricordo non esattamente piacevole, quindi deglutì nuovamente. «Mi ci è voluto un po’ per riprendermi, quindi sono scesa giù, nell’atrio; sembrava abbandonato da molto.» la porta si aprì, facendola sussultare; si girò di scatto e osservo un robot umanoide entrare. Aveva forma umana, ma non si sarebbe mai potuto confondere tra le persone, infatti il metallo regnava sovrano al posto della pelle, i meccanismi per permettergli il movimento erano evidenti insieme al quadro comandi sul petto e diversi altri dettagli. Ma Tessa, osservando quell’uomo di metallo porgerle una bottiglietta d’acqua, non provò né repulsione né paura. Per lei era semplicemente... normale. Si sentiva completamente a proprio agio con quegli esseri meccanici. Forse questo era anche dovuto al fatto che ormai la società si era abituata alla presenza dei robot, usati come aiutanti, lavoratori e domestici. Alla ragazza venne in mente il fatto che inizialmente essi erano stati inizialmente odiati dalla razza umana. Dal 2020, quattro anni dopo l’iniziale crisi dovuta alla loro introduzione nella società umana, su ogni libro di storia venne introdotto un nuovo capitolo completamente dedicato alla loro creazione, a come le persone inizialmente fossero divise tra chi accettava e apprezzava questa nuova creazione e chi invece la odiava, reputandola soltanto una maniera per sostituire gradualmente l’uomo o, peggio ancora, eliminarlo del tutto. Ovviamente quest’ultima cosa era totalmente impossibile poiché ogni robot veniva creato con incorporate le famose tre leggi della robotica, quindi in finale vinse la prima fazione e con la pressione dell’opinione pubblica vennero prodotti e perfezionati sempre più robot con però delle limitazioni a livello sociale e legale. Per quanto Tessa non si ricordasse niente del proprio passato prima del suo risveglio nella capsula, non poteva ignorare certe sensazioni e conoscenze poiché sembravano far parte di ogni persona, come quando fin da piccolo sai a prescindere certe cose, tanto da sembrare come un qualcosa di già programmato e inserito nel proprio cervello.
    «Grazie.» mormorò la ragazza, prendendo la bottiglia e osservando poi di sottecchi il robot andarsene. Aprì la bottiglia e iniziò a bere a grandi sorsate tutta l’acqua contenuta, quasi senza respirare, fermandomi solo quando ormai restavano solo due dita d’acqua. «Dopo sono uscita e appena ho visto la fontana di fronte all’edificio sono corsa a bere, come sai. Avevo tantissima sete, la gola mi bruciava e mi sentivo debole., vedere dell’acqua è stato un grandissimo sollievo.» scrollò appena le spalle. «Credo che tu sappia il resto.»
    Alzò lo sguardo e notò lo sguardo di Daneel puntato sul suo viso. Metteva quasi soggezione, per quanto fosse calmo e inespressivo.
    «Il palazzo da dove sei uscita è una vecchia sede della Brooke Enterprise. E’ una società di ibernazione chiusa.»
    «Società di ibernazione? Quindi quelle capsule...»
    «Esatto.» Era stata ibernata. Si era svegliata dentro una capsula di ibernazione senza memoria e disidratata, oltretutto dentro un edificio abbandonato.
    «Non ha molto senso. O meglio, non ha una spiegazione logica. Immagino che si facciano dei controlli prima di lasciare un edificio. Hanno dei corpi ibernati e non controllano, scusa? Non trasferiscono i corpi da qualche parte, non controllano bene ogni capsula per verificare che non ci siano persone?» Non poteva essere, a Tessa sembrava tutto troppo assurdo. Ibernata e abbandonata. Per cosa poi? Perché? E soprattutto, perché era disidratata e senza memoria?
    «Quell’edificio è abbandonato da quasi cinquant’anni, Tessa. Non credo che possa essere successa una cosa del genere, sarebbe oltre che illegale totalmente illogica, come tu hai detto. » Si lasciò andare con la schiena contro il divanetto. Fece poi un paio di respiri profondi e regolari e posò lo sguardo su Daneel, cercando di concentrarsi sul suo viso per svuotare la mente e riordinare i pensieri; ma un’altra cosa attirò l’attenzione della ragazza, ovvero la postura dell’uomo: era rigida, quasi innaturale. Era molto disciplinata, sembrava quella di una persona pronta a scattare da un momento all’altro, senza pace, come se avesse timore che qualcuno potesse entrare in quel preciso momento nella stanza fargli del mare. Anzi, no, la ragazza dovette correggersi: non timore. Niente in Daneel sembrava far trapelare li minimo segno di paura, codardia o sentimenti simili. Effettivamente niente in lui sembrava trasmettere emozioni. Rimasero entrambi in silenzio: lei che fissava lo psicologo ma non con malizia, bensì per studiarne i movimenti; lui che invece aveva gli occhi grigi fissi sulla donna, forse anche lui in fase di studio.
    «Perché allora sono sopravvissuta in una capsula di ibernazione pere cinquant’anni in un edificio senza elettricità?» disse a un tratto lei.
    «Non devono essere necessariamente cinquant’anni. Comunque, per rispondere alla tua domanda, sinceramente non saprei. Forse hai trovato un sistema alternativo per alimentare la capsula.»
    «E la mia disidratazione e la perdita di memoria? » ci fu qualche secondo di silenzio. E intanto il cuore di Tessa galoppava. Poche parole erano in grado di avere un grande impatto su di lei vista la sua situazione attuale. Le sfiorò la mente il pensiero che forse non era il momento migliore per parlare di queste cose.
    «Non saprei dire, non conoscendo con esattezza l’ambiente del tuo risveglio e il tuo stato fisico. Potrebbe essere che al momento della tua ibernazione fossi già disidratata e senza memoria.» Intanto lo sguardo della ragazza era ancora fissa sul corpo di lui, per la precisione gli occhi stazionavano all’altezza del torace di lui dalla sua prima domanda. Aveva ragione, era stata ibernata già in quelle condizione. Ma in quel caso è possibile che l’abbia fatto per sfuggire da qualcosa o da qualcuno? Se si trovava in quello stato, evidentemente era in difficoltà, c’era qualcosa che non andava. Tessa corrugò la fronte, i pensieri le invadevano la mente uno dietro l’altro. era un susseguirsi di domande, di auto-risposte e ancora altre domande. Erano soffocanti, le riempivano completamente la testa, sembravano non finire più: e ancora, ancora, ancora...
    «Tessa?» La ragazza sembrò improvvisamente risvegliarsi da una sorta di trance.
    «Cosa?» chiese automaticamente, sbattendo un paio di volte le palpebre e alzando lo sguardo per incontrare quello di Daneel; era sempre poco espressivo, ma sembrava quasi... preoccupato.
    «Ti ho chiesto se hai un posto dove dormire, stasera.»
    «Non posso rimanere in ospedale?» e si sentì un’idiota subito dopo averlo detto. Ovvio che non poteva, l’ospedale non era certo un hotel dove alloggiare e anche se le avessero consentito di restare lì una notte poi si sarebbe comunque ripresentato il problema.
    «Purtroppo credo di no. Immagino tu non abbia soldi per affittare da qualche parte una stanza, vero? » Scosse la testa. «Proporrei alla dottoressa Palvin di ospitarti, ma da quanto ho potuto constatare non ha posto per gli ospiti. Se me lo permetti, vorrei ospitarti io. » Tessa non poté fare a meno di stringere tra loro le labbra. Daneel non le sembrava certo una persona cattiva, non pareva nemmeno troppo pericoloso. Perché poi avrebbe dovuto considerarlo automaticamente come pericoloso per via di un invito del genere? Avrebbe potuto offrirsi di ospitarla anche una donna, eppure niente sarebbe cambiato. Insomma, se qualcuno avrebbe voluto ucciderla, non sarebbe cambiato niente se per mano di un uomo o di una donna.
    «Va bene.»


    Edited by Hazel K. - 13/8/2016, 15:43
  13. .
    Mi fate salire l'autostima *O*

    E comunico che ho quasi finito il secondo capitolo, a breve dovrei pubblicarlo.
  14. .

    Capitolo I
    Awakening



    La donna sollevò le palpebre, poi le richiuse e le riaprì, sbattendole un paio di volte prima di riuscire a mettere fuoco l'area intorno a sé. La prima cosa che sentì fu la gola secca che le bruciava tantissimo, per questo non poté fare a meno di deglutire un minimo di saliva che aveva in bocca e tentare di aprire la bocca, causando solo altro dolore. Provò anche a parlare, ma non le uscì parola dalla gola, solo un basso mugolo strozzato. E' solo in quel momento che si accorse di non riuscire a respirare bene, il petto le doleva quando l'alzava per prendere fiato e inoltre l'aria era pesante. Dove si trovava? La ragazza si guardò attorno e si accorse di essere poggiata contro una parete di metallo; prese un bel respiro e distese le gambe, sfregando la fronte contro il freddo materiale. Si girò lentamente verso la sua destra e, anche se con qualche secondo di ritardo, riconobbe una forma cilindrica. Gli occhi si sbarrarono: si trovava dentro una capsula alta due metri e larga abbastanza da contenere un uomo largo quanto un giocatore di football ben piazzato. Subito fece un gran respiro dalle labbra, fregandosene del dolore in conseguenza a quel gesto. Spostò gli occhi convulsamente prima a destra poi a sinistra, davanti a sé c'era del vetro coperto all'esterno di polvere attraversato a metà da una fascia di metallo. La donna mimò con le labbra la parola "sportello", quindi si guardò: indossava una maglia bianca a maniche lunghe, una giacca non troppo elegante blu scuro, jeans e scarpe dello stesso colore della giacca. Strappò un lembo inferiore della maglia e se l'avvolse intorno alla mano, avvolgendola in due strati. Caricò indietro la mano chiusa a pugno, quindi la portò a gran velocità avanti, colpendo il vetro prima una, poi due volte, arrivando finalmente a romperlo. Le schegge esplosero all'esterno, lasciando un cerchio irregolare nel vetro nel quale la donna infilò prima la mano e poi il braccio, tastando alla sua sinistra, più o meno all'altezza della fascia. Restò qualche secondo in quella posizione, cercando disperatamente con i polpastrelli qualcosa. Sentì qualcosa di simile a uno schermo e proprio lì accanto una maniglia. Probabilmente se avesse potuto parlare, avrebbe esclamato "Bingo!", ma si limitò a un nuovo mugolio, più forte di prima stavolta. Spinse verso il basso la maniglia e riuscì ad aprire lo sportello di vetro; subito poggiò il palmo della mano sul vetro e spinse forte, buttandosi letteralmente fuori dalla capsula e cadendo con ginocchia e mani a terra, iniziando a tossire convulsamente. Continuò per diverso tempo, arrivando a sfiorare il minuto, poi finalmente si calmò e deglutì nuovamente la propria saliva, alzando e abbassando il petto in respiri profondi e regolari. Si guardò attorno: si trovava in una struttura evidentemente abbandonata, la stanza dove si trovava infatti era piena di polvere e ragnatele. Numerose capsule come quella dove si era risvegliata la ragazza erano disposte perfettamente in fila sia contro il muro dietro alle spalle di lei, sia contro quello di fronte. Alla sua destra c'erano delle scale, probabilmente si trovava al primo o secondo piano di un palazzo, mentre alla sua sinistra c'era un'unica finestra, l'unica fonte di luce della stanza. La ragazza fece un gran respiro e si alzò, barcollando, per dirigersi verso le scale. Scese piano, stando attenta a ogni gradino dove metteva i piedi. Una volta al piano terra, la sua teoria si dimostrò corretta, anche lì infatti c'era un'aria di degrado che ricordava palesemente quella di un luogo abbandonato: c'era sporco, ragnatele ovunque, fogli e libri sparsi per terra, qualche sedia qua e là e un bancone con tanto di schermo olografico; ovviamente era spento, non sembrava esserci corrente elettrica nel palazzo, ma c'erano le sue aste laterali che segnavano la fine dello schermo e che servivano anche per proiettare immagini e ologrammi. La donna passò oltre, dirigendosi verso le porte a vetro scorrevoli dell'entrata. Usò la forza per aprirle e una volta fuori una ventata di aria fresca la investì; non poté fare a meno di raccogliere una gran quantità d'aria nei polmoni, come se potesse terminare da un momento all'altro tutta quella gran dose d'ossigeno. Passarono alcuni secondi, forse dieci o quindici, prima che la donna iniziasse a guardasi attorno. Quella che aveva davanti a sé era probabilmente una piazza, un’area quadrata circondata di edifici moderni e con al centro... una fontana! Esclamò queste parole, senza che però nessuno delle persone che passeggiavano lì intorno potessero sentirle a causa della proprio gola secca che le precludeva la possibilità di far fluire per bene la voce, infatti il massimo che riusciva a fare era sussurrare. Ma alla vista della fontana e quindi dell’acqua che compariva a fiotti dalle bocche di alcuni ippocampi per poi ributtarsi all’interno del bacino circolare della fonte, la donna non se ne preoccupò né ci fece caso, l’unica cosa che le importava e che fece era andare verso quel miracolo architettonico laggiù che giocava con la preziosa acqua che tanto le serviva. Una volta arrivata, si buttò a terra con le ginocchia, si accostò al bordo della fontana e immerse quasi totalmente la faccia in quel freschissimo liquido trasparente che ben presto inondò la gola della donna mettendo pace al suo bruciore, anche se solo in buona parte. Stette con la testa immersa nell’acqua abbastanza da desiderare nuovamente l’ossigeno e da attirare evidentemente qualche indignato passeggiante, perché sentì una mano posarsi sulla sua spalla destra, anche se con gentilezza. La donna ritirò con un gesto veloce la testa dall’acqua, i capelli neri lunghi fino alle spalle che gocciolavano sul terreno. Alzò lo sguardo e lo puntò sull’uomo lì accanto: era un uomo sulla trentina, forse poco più grande, alto sul metro e ottantacinque con pelle bianca, zigomi alti e capelli corti neri leggermente scompigliati.
    «Miss, non dovrebbe. Non è cosa adatta. » disse fermo, il viso privo di qualsiasi espressione. La donna osservò per un paio di secondi gli occhi grigi di lui, poi alle sue spalle qualcosa di abbagliante le invase il campo visivo, facendole un male terribile e costringendola ad abbassare le palpebre.
    «Miss, si sente bene?» chiese l’uomo, stavolta la voce sembrava più preoccupata, ma di poco.
    «Io...» finalmente la voce di lei uscì fuori, probabilmente per via della grande bevuta appena fatta, ma era stridula, non ancora pronta. La ragazza aprì gli occhi e si guardo attorno: attorno alla fontana si erano fermati alcuni curiosi, gente che era lì a passeggiare ma che vedendo quella strana donna bere alla fontana e in quel modo si era fermata per osservare divertita o contrariata quella scena. La vista della donna, però, non la permetteva di fermarsi sui singoli volti o di osservare benissimo le figure a causa di numerose macchie bianche che iniziarono a formarsi davanti a lei.
    «Signorina, mi sente?» chiese ancora l’uomo, dandole un leggero strattone alla spalla. Ma la voce di lui era lontana, come se si trovasse dall’altra parte di un lungo corridoio e in men che non si dica il buio avvolse di nuovo la donna, trascinandola ancora una volta nella tranquilla dell’oblio.
  15. .

    qG0EZPG



    Capitolo I (Click)
    Capitolo II (Click)
    Capitolo III (Click)
    Capitolo IV (Click)
    Capitolo V (Click)
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    Capitolo VII (Click)



    Per Segnalare vari errori grammaticali riportati in questa Fiction andate Qui


    Raitings della Storia: Arancione
    Non adatto a: Minori di 16 anni
    Genere della storia oltre quello principale Sci fi, Romantico (piccola percentuale)
    Lunghezza Storia: Tra 2 e 10 Capitoli in tutto (si stima, non è certo)
    Stato Storia: Incompleta, verrà allungata a ogni aggiornamento
    Note: //
    Confermi che questa storia non nasce a scopro di lucro ne intendere offendere in alcun modo i personaggi qui presenti? Si
    Hai pubblicato altrove questa Storia? Non finora
    Autore: Hazel K. (Firmata nella storia con lo pseudonimo Raven K. R.

    Solo l'autore può decidere di postare altrove la sua storia, secondi o terzi non possono prendere il suo materiale senza consenso!



    Edited by Hazel K. - 10/9/2016, 00:16
16 replies since 25/7/2015
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